SULLE PENSIONI IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO NON CAMBIA!

Continua un trend ventennale iniziato nel 1997 e passato attraverso tanti Governi di ogni orientamento e colore politico.


Nulla di nuovo. Per fare cassa, dopo inquietanti silenzi, anche il Governo del cambiamento ha scelto la strada più semplice. Colpire milioni di pensionati con assegni lordi intorno ai 1.500 euro! Quindi non pensionati al minimo che, in questo nostro Paese affetto da mille problemi, troppe volte non hanno versato tutti i contributi e in alcuni casi, soprattutto nella nostra ricca provincia, sono titolari di importanti patrimoni oltre la pensione, e non si è partiti neppure dalle pensioni d'oro. Si è colpito sulla linea mediata. Dove sta la stragrande maggioranza di pensionati il cui identikit è semplice: ex lavoratori dipendenti che hanno sempre versato tutto quanto in relazione al loro stipendio. Anche nel 2019, anche con il Governo del cambiamento, toccherà loro fare il primo passo per salvare il bilancio dello Stato.
Dal 1° gennaio si sarebbe dovuti tornare al meccanismo di calcolo a scaglioni previsto dalla legge 388/2000. Era previsto dall'accordo Governo-Sindacati siglato il 28 settembre 2016. L'ennesima promessa non mantenuta. Ma la storia
della perequazione degli assegni previdenziali è lunga almeno 20 anni. Nel 1997 furono bloccate tutte le pensioni superiori a 5 volte il trattamento minimo e fu ridotta la percentuale di adeguamento dal 75% al 30% per 2 anni ulteriori. E niente perequazione per tutte le pensioni superiori a 8 volte il minimo. Passano 9 anni, nel frattempo viene introdotta ed applicata la legge 388/2000 (quella degli scaglioni) ed eccoci al 2008. Altro blocco, per 1 anno delle pensioni superiori a 8 volte il minimo. Poi arriviamo alla storia più recente e meglio impressa nella memoria di tutti noi. E' il dicembre del 2011. Governo Monti. Arriva il blocco delle perequazioni per tutte le pensioni superiori a tre volte il minimo per il 2012 e 2013. Nel 2013 il Governo Letta istituisce per il triennio 2014-2016 l'adeguamento per fasce verticali delle pensioni superando il blocco Fornero.
Nel 2015 poi, sulla questione dei blocchi delle perequazioni (in particolare con riferimento al biennio di blocco Fornero) interviene al Corte Costituzionale. E' la voce della Corte è chiarissima: il trattamento pensionistico è a tutti gli effetti un salario differito e non una rendita. Il blocco Fornero è IN-CO-STI-TU-ZIO-NA-LE. Il "richiamo" della Corte viene accolto solo parzialmente dal decreto Poletti (legge 65/2015). Con questo decreto il Governo restituisce solo una minima parte di quanto i pensionati si sono visti sottrarre dal blocco Fornero (in media il 12%!). Nel settembre del 2016, dopo lungo confronto con i Sindacati (finalmente!), arriva l'intesa che tra i vari punti (estensione della 14esima tra gli altri), impegna l'Esecutivo a tornare al meccanismo perequativo previsto dalla legge 388/2000 (gli scaglioni in stile Irpef) dal 1° gennaio 2019.
Le ultime righe della storia sono note. In clima già natalizio, dopo mesi di assordante silenzio si scopre che ci sarà la perequazioni dell'1,1%. Ma come verrà applicata ancora non si sapeva. Ora è noto. Niente scaglioni. Si prosegue sulla linea Letta, con un leggero miglioramento (aumenta il numero di fasce che diventano sei). Ma resta di fondo il solito stanco leit motive. Per fare cassa ci sono le pensioni, non quelle d'oro. A quei pensionati si possono fare promesse e poi non mantenerle. Loro che hanno versato tutti i contributi e che continuano ad illudersi che davvero il cambiamento prima o poi arrivi. Per ora, nulla di nuovo. Sempre la solita storia.






  
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